Head hunter, come riconoscere le skills dei candidati

Come condurre un colloquio di lavoro in modo corretto e soprattutto come riconoscere le competenze di un candidato? A questi quesiti risponde Riverse, società di headhunting attiva a livello internazionale, che ha introdotto il cosiddetto Recruiting Collaborativo. All’interno di questo modello, l’head hunter viene affiancato da una figura specializzata, dello stesso settore del persona ricercata ma con una seniority maggiore, in grado quindi di guidare un’intervista al fine di esaminare e valutare le competenze hard del candidato. Spesso, infatti, le competenze vengono considerate come strettamente legate all’intelligenza delle persone, ed è un errore. In realtà, secondo lo psicologo statunitense McClelland, le capacità umane, che siano hard o soft, nascono da “schemi cognitivi e comportamentali operativi casualmente collegati al successo nel lavoro”. Ecco perché secondo Reverse, parlare la stessa lingua dei candidati ha ottime implicazioni anche a livello di candidate experience. La persona colloquiata infatti, oltre ad avere la possibilità di confrontarsi con un esperto del settore, vivrà la sensazione di sentirsi finalmente capita e l’intero processo ne trarrà beneficio.

Le capacità intangibili

Chi si occupa di ricerca del personale, che sia HR, Recruiter, Head Hunter, sa che deve spingersi oltre questo tipo di valutazione, concentrandosi anche sulle capacità intangibili dei candidati. Vediamo quali sono quelle attualmente più richieste. In primo luogo è importante cercare persone abili nel confrontarsi con tutte le cariche aziendali. Può sembrare banale ma, soprattutto in un momento in cui i rapporti umani sul luogo di lavoro sono sempre più mediati dalla tecnologia, è essenziale saper comunicare al meglio, esprimere un’opinione in modo chiaro e avere una spiccata capacità di ascolto, scrittura e negoziazione. Le modalità di lavoro fluide hanno presentato la necessità di individuare anche un’altra soft skill: essere capaci di lavorare in team, anche da remoto. Per gli esperti di ricerca del personale è quindi essenziale ricercare onestà, trasparenza, senso del dovere e doti di leadership.

Sapersi adattare ai cambiamenti

C’è poi la capacità di adattarsi ai cambiamenti, considerandoli come parte integrante della routine lavorativa e non come qualcosa da evitare a tutti i costi. Questo aspetto, oltre a considerare il contesto aziendale come mutevole, si riflette anche sui singoli progetti, dove il singolo è chiamato a individuare le criticità rispondendo in modo proattivo con soluzioni alternative. Si parla quindi di apertura mentale, pensiero laterale e di un’attitudine a captare stimoli provenienti dai settori più disparati, facendoli propri e traducendoli in idee innovative. Infine, in un processo di ricerca e selezione è bene intervistare il candidato per approfondire il tema della risposta allo stress, testando le sue reazioni e individuando le principali cause di tensione.

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Ultimo trimestre 2021 positivo per l’industria di Milano Monza Brianza Lodi 

La conferma arriva dalle elaborazioni del Servizio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: i dati congiunturali dell’industria relativi al quarto trimestre 2021 sono positivi. A Milano, ad esempio, il quadro delineato evidenzia un aumento rispetto al terzo trimestre 2021, sia della produzione industriale sia del fatturato milanese (+2,2% e +5,1% destagionalizzato), maggiore rispetto al fatturato lombardo (+2,3% e +3,6% destagionalizzato). Per gli ordini, la progressione congiunturale è invece più marcata per l’industria lombarda rispetto alla manifattura locale, sia per il mercato interno (rispettivamente +5% e +3,5% destagionalizzato) sia estero (+3,9% e +1,6% destagionalizzato).

A Milano la produzione cresce dell’11,1% in un anno

Quanto all’analisi tendenziale, il quarto trimestre 2021 ha consentito all’area metropolitana milanese di crescere dell’11,1% in un anno per la produzione, in linea col dato lombardo (+11,2% in un anno). Se si considera la crescita netta del fatturato confrontata con il quarto trimestre 2020, l’aumento è pari al +20,4% rispetto al 19,8% regionale. In relazione al portafoglio ordini, a Milano si registra un livello superiore a quello relativo al quarto trimestre 2020 (+20,1% in un anno), con performance migliore della manifattura lombarda (+19%). Inoltre, i mercati interni hanno ripreso la crescita in modo molto più incisivo (+22,6%) rispetto alla componente estera (+15,9%). 

Monza e Brianza: crescono fatturato e commesse acquisite

Prosegue la crescita congiunturale anche per l’industria di Monza e Brianza: il quarto trimestre 2021 fa registrare un aumento consistente rispetto al terzo trimestre 2021 della produzione industriale (+2,4% destagionalizzato).  Cresce anche il fatturato (+1,1% destagionalizzato), così come le commesse acquisite dai mercati interni (+2,9% destagionalizzato) ed esteri, con +6,1% rispetto al trimestre precedente. La crescita tendenziale della capacità produttiva colloca i volumi prodotti a un livello superiore rispetto al quarto trimestre 2020 (+10,1%), ma inferiore al dato lombardo (+11,2%). Nello stesso periodo, i dati della manifattura brianzola per fatturato (+16,1%) sono inferiori al dato lombardo (+19,8%). Sempre rispetto al quarto trimestre 2020, il portafoglio ordini del manifatturiero brianzolo evidenzia un incremento reale inferiore a quanto registrato in Lombardia (rispettivamente +14,4% e +19%).

Lodi: ordini interni superiori al dato regionale

La crescita congiunturale nel quarto trimestre 2021 per l’industria lodigiana prosegue grazie a un aumento rispetto al terzo trimestre 2021 della produzione industriale (+1,4% destagionalizzato), accompagnato dalla crescita del fatturato (+3,3% destagionalizzato) e dalle commesse acquisite dai mercati interni (+7,6% destagionalizzato) ed esteri (+1,4%). Nel quarto trimestre 2021 rispetto all’anno precedente, si verifica un trend di crescita per produzione, fatturato e ordini. Relativamente all’analisi tendenziale, raffrontato al quarto trimestre 2020, la crescita della produzione si attesta a +8,2%, performance peggiore rispetto al dato lombardo (+11,2%). In relazione al fatturato, nel confronto con il quarto trimestre 2020, il recupero si attesta a +14,5%, inferiore per intensità al dato regionale (+19,8%), mentre gli ordini crescono in un anno del 16,2% rispetto al 19% lombardo. Superiore al dato lombardo la crescita degli ordini interni, con +20,4% rispetto a +19,5%. Inferiore invece la dinamica degli ordini esteri, pari a +6,8% rispetto a +18,3%.

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Body Positivity, il ruolo degli influencer sui social media

L’influencer è sempre più chiamato a dire la sua con cognizione di causa, poiché esposto in prima persona a un pubblico esigente che chiede serietà e sincerità. Ma qual è il ruolo dell’influencer in merito alla Body Positivity? Ipsos, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (ONIM), ha realizzato un’indagine focalizzata proprio sul tema della Body Positivity e il ruolo di influencer e creator.

Oggi i social network sono una vera e propria agorà virtuale, dove si discutono i temi più sensibili dell’attualità, e il cosiddetto ‘social change’ e le battaglie di Diversity&Inclusion trovano terreno fertile proprio nel mondo dei like, share, reel. Ma soprattutto attraverso la voce più o meno autorevole di influencer e creator, tanto che nel 2021 il valore del mercato dell’influencer marketing ha raggiunto 270 milioni solo in Italia.

Il luogo elettivo di discussione è sui social network

A differenza di altri topic contemporanei, come la sostenibilità o la lotta all’omotransfobia, dibattuti di frequente anche su media più tradizionali, il tema della Body Positivity trova il suo luogo elettivo di discussione sui social network (87%). Sono soprattutto le donne ad animare il dibattito: il 65% delle intervistate dichiara che la Body Positivity ha un peso rilevante all’interno dell’universo social. La ricerca Ipsos ha però messo in luce una dicotomia. Da un lato, la coscienza sociale accoglie il movimento come una rivoluzione i cui valori sono condivisibili e positivi, dall’altro, la sfera individuale riflette la percezione di sé stessi e del proprio corpo che ancora ambisce alla bellezza stereotipata.

Il tema è delicato e le scelte di comunicazione devono essere etiche

Si tratta di una duplicità che si risolve nell’accettazione del conflitto, dove entrambe le dimensioni possono coesistere ed essere gestite. Il tema è delicato e le scelte di comunicazione da parte di influencer e aziende devono essere il più possibile etiche nel loro stesso interesse. Ma gli influencer sono legittimati a parlare di Body Positivity? Secondo l’80% del campione intervistato (il 90% tra gli appartenenti alla Gen Z) sì, ma a patto che lo facciano nel modo giusto, dimostrando autenticità e coerenza con il loro stile di vita. Pena la perdita di credibilità e la conseguente perdita di follower.

Il brand deve evitare ilBody washing

La genuinità dell’influencer si riverbera anche sulla immagine delle aziende che lo scelgono come ambassador. Anche il brand quindi deve risultare autentico nelle sue scelte evitando un approccio diBody washing. La scelta di un ambassador da parte di un‘azienda è delicata e strategica, soprattutto se si considera che il tema della Body Positivity funge da traino per l’interesse verso altri temi di ambito sociale, e meno su temi commerciali (lifestyle, abbigliamento e accessori, cosmetica).

Con o senza influencer e creator, nella narrazione i brand devono quindi sostenere l’accettazione delle diversità, delle varie tipologie di corpo, spostando il focus dall’accettazione delle imperfezioni all’accettazione/inclusione di tutte le diversità e dell’unicità di ogni persona.

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Cambiamenti climatici, l’86% dei cittadini del mondo è preoccupato

Il climate change è un tema sempre più sentito, che allarma i cittadini di tutto il modo. Lo conferma l’Annual WIN World Survey, raccogliendo le opinioni e le convinzioni di 33,236 cittadini di 39 paesi. L’indagine analizza le opinioni relative alla percezione dei cambiamenti climatici nel 2021, all’importanza dello sviluppo sostenibile a livello mondiale e al ruolo di governi e istituzioni. In Italia, secondo i dati BVA Doxa, membro per l’Italia e socio fondatore di WIN, la stragrande maggioranza dei cittadini è consapevole dell’entità del problema che rappresenta il riscaldamento globale, ma è elevata anche la consapevolezza che le azioni individuali di ognuno possano aiutare l’ambiente

Il riscaldamento globale

Per l’86% degli intervistati il riscaldamento globale è un fenomeno imminente che riguarda tutto il mondo e che rappresenta una seria minaccia per l’umanità (i risultati sono in linea con i dati ottenuti nel 2020). In America e in Africa, la percezione del rischio è più alta (89% e 87% rispettivamente).  La percezione in Europa è in linea con la percezione rilevata a livello mondiale: l’84% ritiene che il riscaldamento globale sia una minaccia per l’umanità, e in Italia è l’89% della popolazione che ne è convinta. Diretta conseguenza del riscaldamento globale sono i disastri naturali (incendi forestali, inondazioni, uragani, tornado, etc.) che, secondo 8 intervistati su 10 sono aumentati. Il dato globale è in linea con la media Europea (in Europa è il 79% che ritiene che i disastri naturali siano aumentati). In Italia ne sono convinti l’84% degli intervistati, percentuale più alta anche di altri paesi europei come Germania e UK (entrambe al 76%).

C’è ancora tempo per invertire il processo

Nell’ultima edizione dell’indagine c’è un po’ più di pessimismo rispetto a uqlla precedente in merito alla possibilità di invertire la rotta. La speranza che il cambiamento climatico possa ancora essere fermato ha avuto un leggero calo (è scesa dal 54% al 52% la percentuale di coloro che ritengono che c’è ancora tempo per fermarlo), ma la percezione rimane comunque positiva. Le donne sono leggermente più ottimiste, così come gli intervistati in America e in Europa (57% e 55% rispettivamente). Se considerati i singoli paesi, i più ottimisti sembrano essere il Brasile (70%) e il Messico (67%); i più pessimisti la Cina (38%), il Pakistan (34%) e l’India (31%). 

Tra gli europei gli italiani sono i più pessimisti

Come si posizionano gli italiani rispetto alla possibilità di fermare il cambiamento climatico? Sono i più pessimisti d”Europa, anche se più o meno la metà degli intervistati pensa che si possa ancora fare qualcosa. Per la precisione, il 48% di  italiani che pensano ci sia ancora tempo per arrestare il cambiamento climatico.

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Come aprire un salone da parrucchiere?

Aprire un salone da parrucchiere è un obiettivo per tantissime persone che lavorano già in questo ambito e vorrebbero mettersi in proprio. Altri invece stanno al momento studiando e progettano di avviare la propria attività a breve.

Ma cosa è necessario per aprire un salone da parrucchiere sia a livello burocratico che a livello pratico? Vediamolo insieme di seguito.

La burocrazia per aprire un salone da parrucchiere

Chiaramente la prima cosa è mettersi in regola con quanto previsto sia a livello nazionale che locale. La prima cosa necessaria per aprire questo tipo di attività è essere in possesso di un diploma di parrucchiere come previsto dalla Legge 174 del 2005.

Ci sono inoltre alcuni regolamenti regionali che possono individuare determinate specifiche relative al percorso di studi. In alcune regioni d’Italia è sufficiente a partecipare ad un corso di formazione, in altri casi a questo va associato un periodo di lavoro come apprendista o come dipendente.

In ultima analisi per ottenere la qualifica professionale di parrucchiere è necessario sostenere un esame teorico-pratico finale.

Aprire una partita IVA

Chiaramente per avviare un salone da parrucchiere è necessario aprire una partita IVA ed essere in possesso di una regolare licenza. Per aprire una partita IVA è sufficiente recarsi presso un consulente del lavoro, recarsi in camera di commercio o fare tutto direttamente online sul sito dell’agenzia delle entrate.

Autorizzazioni comunali

La licenza invece viene rilasciata direttamente dal comune in cui ha sede l’attività. In alternativa la licenza può anche essere ceduta da un altro salone che ha deciso di chiudere l’esercizio.

In ultima analisi è necessario ottenere la SCIA, ovvero la Segnalazione Certificata Inizio Attività Commerciale. Essa non è nulla di particolarmente complicato ma semplicemente una pratica da inoltrare al comune in cui ha sede l’attività da parte di chi voglia avviare un qualsiasi esercizio commerciale, come appunto anche il salone da parrucchiere.

Una volta ricevuta la SCIA, il comune andrà a verificare tutti i requisiti nell’arco di 60 giorni e, se questi saranno stati soddisfatti, rilascerà un numero di protocollo che consente di avviare l’attività.

La scelta della zona in cui aprire l’esercizio

La zona in cui andare fisicamente ad aprire l’attività può sembrare marginale rispetto alla burocrazia, ma invece è altrettanto importante.

Aprire un salone da parrucchiere in una strada in cui ci sono già altre attività di questo tipo ben avviate da anni può essere un salto nel buio. Alla stessa maniera lo è avviare questo tipo di attività in un quartiere in cui vi è già un eccessivo numero di saloni in proporzione al numero di abitanti.

Bisogna allora individuare all’interno della città quelle zone, quartieri o micro aree in cui una attività di questo tipo non c’è ancora ed i cittadini sono costretti a spostarsi di qualche km per raggiungere la più vicina.

Dunque questo tipo di indagine ha una importanza di grande rilievo e può determinare il successo o l’insuccesso della tua nuova impresa.

La scelta degli arredi

La scelta degli arredi è il modo stesso in cui clienti percepiranno il tuo salone. Gli arredi e le soluzioni adottate conferiranno alla tua attività una precisa etichetta, sta a te fare in modo che sia il più possibile positiva.

Tieni a mente che è importante ottimizzare gli spazi e renderli funzionali così da offrire il meglio ai clienti anche dal punto di vista del comfort. Prevedi una zona accoglienza in cui gli utenti possano attendere il proprio turno, un angolo dedicato alla cassa, una alla zona lavaggio e la zona dedicata al taglio dei capelli, che è la più importante.

Per quel che riguarda arredi e prodotti, considera che esistono tantissimi siti in cui puoi trovare forniture per parrucchieri e scegliere avendo la possibilità di vedere in anteprima ogni singolo pezzo.

Tenere a mente questi suggerimenti ti consentirà di cominciare al meglio la tua nuova attività e di aprire un salone da parrucchiere veramente apprezzato dagli utenti.

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Social, per il 22% degli italiani è scemato l’amore

Nell’ultimo anno quasi un quarto dei nostri connazionali si sono allontanati da almeno un social network. E’ questa l’evidenza più interessante che emerge dai risultati del Digital Consumer Trends Survey 2021 di Deloitte, una indagine basata su oltre 2 mila interviste a persone tra i 18 e i 75 anni. In particolare, si scopre che se è vero che il 73% degli italiani in possesso di smartphone utilizza piattaforme social o app di messaggistica su base giornaliera, è altrettanto vero che il 22% ha smepsso di farlo, su uno o u più piattaforma social, temporaneamente o in modo permanente. I motivi di questo distacco così repentino? Secondo la ricerca, le principali ragioni sono l’essersi stancati dei contenuti (35%), la presenza eccessiva di fake news (25%) e le preoccupazioni per la propria privacy (21%).

I social sono una primaria fonte di notizie

A fronte di questo parziale dietrofront, però, ci sono altri aspetti da considerare. Nello specifico, avverte la ricerca, i social media sono però diventati una fonte primaria per accedere alle notizie per una quota significativa di utenti (23%), poco al di sotto del risultato raggiunto dai media più tradizionali, come i giornali cartacei e i siti di notizie. Ma la Tv, riporta una nota diffusa da Ansa, resta la fonte più citata, con il 37% che la identifica come canale preferito di informazione. Nel 2021 in Italia sono saliti dal 40 al 63% gli utenti che fruiscono costantemente di contenuti video in streaming on demand (Svod), ed è cresciuta in modo rilevante la penetrazione dei servizi Video on demand tra gli ‘over 65’.

Lo smartphone amico degli acquisti

Sempre per quanto riguarda l’approccio al digitale da parte degli italiani, si scopre che i nostri connazionali non disdegnano lo shopping online. Quattro italiani su 5 dichiarano di utilizzare lo smartphone per acquistare un prodotto online, per lo più almeno una volta al mese. Ma nel nostro Paese cresce pure la diffusione dei dispositivi indossabili: se nel 2017 solo il 10% possedeva uno smartwatch, nel 2021 questa percentuale è salita al 25%; mentre 1 su 5 ha un braccialetto per il fitness. E il principale utilizzatore è la Gen-Z, cioè i nati tra il 1997 e il 2010.

I dispositivi digitali più importanti dopo la pandemia

Questi cambiamenti di abitudini sono anche da attribuirsi all’emergenza sanitaria, come spiega Francesca Tagliapietra, Partner e Industry Leader Tmt di Deloitte. “L’importanza dei dispositivi digitali è cresciuta con la pandemia ed è destinata ad affermarsi ancora di più in futuro in ambiti come la salute, il tempo libero e gli acquisti. Lo scenario digitale è in costante evoluzione e continuerà a sorprenderci con novità e cambiamenti destinati a trasformare la vita di tutti noi”.

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Per le Nazioni Unite il 2022 sarà l’Anno Internazionale del vetro

Il 2022 sarà l’Anno Internazionale del vetro: lo ha deciso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Le motivazioni della scelta tendono a sottolineare “il ruolo tecnologico, scientifico, economico, ambientale, storico e artistico del vetro nella nostra società”, si legge nella risoluzione delle Nazioni Unite (A/RES/75/279). In particolare, il 2022 sottolineerà questo ruolo strategico del vetro “mettendo in luce le ricche possibilità di sviluppo delle tecnologie e il loro potenziale contributo per affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile e delle società inclusive, raggiungere la ripresa economica mondiale e ricostruire meglio dall’epidemia di coronavirus”, continua la risoluzione Onu. Si tratta di una scelta che dà il via a un anno importante per tutta la filiera di questo materiale antico, ma in grado di interpretare tutte le sfide della modernità, da quelle ambientali a quelle tecnologiche.

Per Assovetro si tratta di un’occasione unica e irripetibile

Per Assovetro, l’associazione nazionale degli industriali del vetro aderente a Confindustria, si tratta di un’occasione unica e irripetibile per sostenere la promozione del vetro, e in particolare, di tutta l’industria, in un anno speciale in cui cade anche il 75esimo anniversario della fondazione dell’associazione. E per celebrare l’Anno Internazionale del vetro, Assovetro sta programmando una serie di iniziative che si dipaneranno nel corso di tutto l’anno. Assovetro è un’associazione imprenditoriale di categoria senza scopo di lucro, costituita nel 1947 tra le aziende industriali italiane che fabbricano e trasformano il vetro. Le aziende aderenti sono attualmente 70, per un totale di circa 16.000 addetti.  

Il vetro contribuisce ad attuare modelli di produzione e consumo sostenibili

“È una notizia molto gradita – ha dichiarato Graziano Marcovecchio, presidente di Assovetro -. Le parole della risoluzione sottolineano come il vetro abbia tutte le potenzialità per contribuire all’attuazione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Considerando i progressi compiuti per ridurre il consumo di energia le emissioni atmosferiche e altri impatti ambientali, le parole della risoluzione riconoscono appieno l’impronta ambientale del vetro. Purtroppo – ha sottolineato il presidente di Assovetro – questa bella notizia è offuscata dalle difficoltà che si sono abbattute sulle nostre industrie per il boom dei costi energetici, che possono mettere a rischio la stessa vita del settore”.

Nel 2020 in Italia il riciclo del vetro ha raggiunto quota 79%

In ogni caso, riferisce Adnkronos, la sostenibilità del vetro, un materiale riutilizzabile e riciclabile all’infinito, è dimostrata dai dati. Nel 2020, l’anno della pandemia, il riciclo del vetro in Italia ha raggiunto una quota pari al 79% (l’anno precedente era il 77%), una percentuale ben al di sopra del target europeo del 75% fissato per il 2030. L’impegno dell’industria però è arrivare al 90%, agendo in maniera combinata su raccolta, trattamento e riciclo.

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La digitalizzazione nell’industria della ristorazione, in attesa del PNRR

Il mondo food è stato uno dei settori che ha saputo meglio reagire con tempestività e creatività ai colpi della pandemia. Il merito di questa resilienza è in gran parte da attribuirsi alla capacità di digitalizzazione, ma oggi come è la situazione? Per scoprire quale sia lo stato dell’arte e gli sviluppi in materia di digitalizzazione nell’industria della ristorazione, Qonto, soluzione di gestione finanziaria per PMI e professionisti, ha recentemente condotto un’indagine su un campione di aziende italiane che operano nel mondo food. I risultati dell’indagine descrivono come le aziende della ristorazione hanno reagito al trend di conversione al digitale e in che misura la digitalizzazione permeerà il settore nel prossimo anno. Si scopre così, in estrema sintesi, che l’80% delle PMI del settore investirà in digitalizzazione nel 2022 mentre il 96% di queste utilizzerà le risorse messe a disposizione dal PNRR. per esaminare lo stato dell’arte e gli sviluppi in materia di digitalizzazione del settore.

Le attese nei confronti del PNNR

Le aziende del comparto attendono gli incentivi messi in campo dal PNRR: la stragrande maggioranza (80%) delle pmi della ristorazione intervistate, affermano infatti che nel 2022 gli investimenti in digitalizzazione saranno cruciali e il 96% di queste utilizzerà gli incentivi messi a disposizione dal PNRR. I principali motivi alla base della scelta sono, per oltre il 70% delle aziende, sia la possibilità che il digitale offre di ottimizzare i processi e accrescere l’efficienza della propria azienda, sia di mantenere o accrescere la propria competitività nel settore. Gli investimenti saranno destinati soprattutto ad implementare nuove attività di marketing e advertising digitale (opzione scelta dal 53% del campione), per avviare e potenziare un canale di e-commerce (45%), preso atto del forte potenziale del canale di vendita online, e per l’adozione o l’aggiornamento di software gestionali (28%). Tra l’altro, è interessante notare anche quali siano le priorità degli imprenditori: la riduzione degli sprechi alimentari è fondamentale per il 68%degli intervistati, mentre l’implementazione di servizi digitali per la gestione del business è importante per il 53% del campione. 

Superato il nodo della disponibilità di risorse

“In una indagine svolta con aziende operanti nel settore ristorazione e hospitality condotta da Qonto nel primo trimestre di quest’anno, la principale causa che ha bloccato gli investimenti in digitalizzazione era stata identificata nella poca disponibilità di risorse. Oggi, con le opportunità messe a disposizione dal PNRR le aziende hanno un’occasione, che devono cominciare a sfruttare” ha detto Mariano Spalletti, Country Manager di Qonto Italia. “Qonto, la cui vocazione da sempre è quella di aiutare professionisti e PMI a risparmiare tempo ed energie nella gestione delle proprie finanze a 360°, è pronta a fare la sua parte, mettendosi a disposizione per agevolare il loro passaggio a una gestione finanziaria 100% online: veloce, semplice e sicura”.

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L’equilibrio di genere fa crescere le imprese

Dal 1° gennaio 2022 entra in vigore la nuova legge sulla parità retributiva, che istituisce per le aziende la ‘certificazione della parità di genere’ e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso. Ma i dati statistici in Italia mostrano un tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro inferiore rispetto alla media europea, in cui persiste e si amplifica ulteriormente la ‘child penalty’. Inoltre, a oggi, le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale, uno scenario aggravato dalla pandemia che ha avuto l’effetto di rallentare il processo di superamento del gender gap nel mercato del lavoro. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager.

Nel 2020 il divario di genere è del 19%

Nel 2020, il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è stato del 53,1 %, con un divario di genere del 19%. Nelle posizioni manageriali femminili i numeri mostrano uno scenario altrettanto difficile: su 605mila posizioni solo il 28% è affidato a figure femminili (fonte Inps), quota che si riduce al 18% per le posizioni regolate da un contratto da dirigente, ferme allo 0,3% da 10 anni. L’analisi condotta dall’Osservatorio su un campione di circa 17mila imprese indica che l’83,5% è a conduzione maschile, il 12,2% a conduzione femminile e il restante 4,3% a conduzione paritaria. Le imprese dove la conduzione femminile è più diffusa sono Pmi e microimprese, e si concentrano soprattutto al Sud e nelle Isole. Quanto ai settori, Manifatturiere (52,9%), Sanità e Assistenza Sociale (29,8%).

Le leve aziendali da manovrare per mitigare il gap

Degli oltre 44mila consiglieri aziendali solo il 19% è donna, e la carica di Presidente e AD è affidata a una donna solo nel 12% dei casi. Per l’Amministratore unico, la percentuale femminile sale al 22,5% ed è legata a una più ridotta dimensione aziendale. Per gli intervistati contrastare la disparità di genere significa soprattutto affrontare ‘Gli stereotipi di genere’ (69,6%), ‘Il gap retributivo’ (58,9%) e ‘Il basso numero di donne nelle posizioni di potere’ (57,4%). Le leve aziendali da manovrare per mitigare il gap di genere sono lo stile di leadership, il modello organizzativo, il people management, il welfare aziendale.

Il Pnrr favorisce l’ingresso al lavoro e percorsi di carriera

Il Pnrr però, riporta Adnkronos, favorirà l’ingresso al lavoro e percorsi di carriera delle donne finalizzati all’assunzione di ruoli di responsabilità. La valutazione di alcuni strumenti contenuti nel Piano ha restituito la seguente graduatoria: promozione e sostegno all’avvio di attività imprenditoriali femminili, sostegno alla realizzazione di progetti aziendali innovativi per le imprese a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile, creazione del Fondo impresa Donna, il sistema nazionale di certificazione della parità di genere, per il quale il Pnrr ha già stanziato 10 milioni di euro.

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Come funzionano i compressori industriali moderni?

I moderni compressori industriali sono dei dispositivi avanzati tecnologicamente e per questo oggi imprescindibili in tantissimi settori che riguardano non solo l’industria, ma anche la cantieristica ed il settore edile e dei lavori su strada in generale.

Questi strumenti garantiscono infatti una buonissima versatilità e possono anche essere adoperati all’esterno e dunque trasportati. Ciò consente di rendere il lavoro molto più semplice e veloce anche in condizioni particolari.

È questo ad esempio il caso di quegli ambienti troppo umidi in cui sarebbe rischioso andare ad adoperare la corrente elettrica per alimentare gli strumenti, come ad esempio quelli a perforazione.

Molto più sicuro è invece adoperare l’aria compressa dato che questa non necessita di energia elettrica per essere erogata. Alla stessa maniera, gli strumenti che funzionano ad aria compressa sono ideali in tutti quegli altri ambienti di lavoro nei quali per vari motivi, alcuni anche pratici, non è possibile portare la corrente elettrica fin dove necessario.

Dunque grazie ai compressori industriali è possibile ottenere aria compressa anche H24, sempre con il massimo della qualità e dell’efficienza. Si tratta di macchinari che tra l’altro rispondono perfettamente a tutte le normative in ambito di sicurezza del lavoro e che dunque tengono in grande considerazione l’incolumità degli operatori.

I compressori industriali usati

In base al tipo di settore in cui si opera, e dunque basandosi su quello che è l’utilizzo che si prevede di fare del dispositivo, potrebbe anche essere conveniente considerare l’acquisto di compressori industriali usati.

Si andrebbe in questa maniera certamente a risparmiare sul costo di acquisto, andando ad usufruire ugualmente di un dispositivo certificato e perfettamente in grado di fare il suo lavoro.

Non sempre è dunque preferibile acquistare un compressore nuovo di fabbrica, ma possono esservi dei casi in cui una soluzione di usato in buone condizioni può essere preferibile.

I vantaggi dei compressori industriali moderni

In dettaglio, vi sono alcuni vantaggi che i compressori industriali moderni sono in grado di garantire rispetto quelli di vecchia generazione. Sicuramente tra questi c’è l’ottimizzazione dei consumi, dato che questi riescono ad effettuare lo stesso tipo di lavoro assorbendo meno energia e dunque consentendo nel corso dell’intero anno solare un cospicuo risparmio energetico.

A questi si uniscono dei costi contenuti per quel che riguarda il prezzo di acquisto, ed un livello di affidabilità assolutamente levato per il quale questi macchinari possono lavorare anche 24 ore al giorno senza andare incontro ad alcun tipo di problema tecnico.

Tra l’altro, il che è un bene soprattutto per i lavoratori che stanno a stretto contatto con questi macchinari, i moderni compressori industriali hanno un livello di rumorosità veramente basso che fa sì che questi possano lavorare senza dare il minimo fastidio a chi si trova nei paraggi.

Soprattutto risparmio energetico e affidabilità sono dei fattori fondamentali per chi opera in questo settore, dato che certamente si ha necessità di poter usufruire di prestazioni elevate in maniera continua. Un mix perfetto dunque, che consente di avere un reale vantaggio produttivo nei confronti dei propri competitors.

Conclusione

I compressori industriali moderni sono dunque uno strumento effettivamente utile per ottimizzare e velocizzare il lavoro di ogni giorno, sia esso all’interno di un sito industriale che di un cantiere edile o su strada.

Gli operai possono effettuare molto più rapidamente il proprio lavoro e con una precisione maggiore, a tutto vantaggio della qualità di produzione o della perfetta esecuzione dei lavori.

Questo tipo di strumento è dunque in grado di aumentare notevolmente la produttività e quindi il ritorno economico già a breve termine.

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