Quattordicesima 2023: come la spenderanno gli italiani?

A stimarlo è Confesercenti sulla base di un sondaggio condotto con Ipsos: tra la seconda metà di giugno e la prima settimana di luglio circa 10 milioni di italiani riceveranno una mensilità in più, per un totale di circa 14 miliardi di euro. Un’iniezione di liquidità che potrebbe generare 6,8 miliardi di euro di consumi da parte delle famiglie, una spinta considerevole, che si riverserà soprattutto sul turismo. Tra gli utilizzi più indicati per la quattordicesima c’è infatti la voce vacanze, scelta dal 51% degli italiani, e per la quale si stima che verranno ‘usati’ 3,7 miliardi di euro. 

Dallo shopping per i saldi estivi a pagare debiti, mutui e finanziamenti 

Segue l’intenzione di investirla nello shopping durante i saldi estivi (25%, circa 1,8 miliardi di euro), o l’acquisto di altri prodotti (18%, 1,3 miliardi di euro), e parte delle restanti risorse (circa 4,7 miliardi di euro), verrà impiegata per saldare conti in sospeso o pagare spese obbligate. Il 21% userà almeno una parte della quattordicesima per pagare debiti (circa 1,5 miliardi di euro), e il 15% per pagare mutui e finanziamenti (poco più di 1 miliardo di euro).

Vacanze studio, salute o investimenti?

Un altro 15%, invece, investirà parte delle risorse in più per pagare centri estivi o vacanze studio per i figli (1.106 milioni circa), mentre il 14% sceglierà spese legate alla sanità o alla salute (1.018,7 milioni). Inoltre, secondo le stime di Confesercenti, circa 1,5 miliardi di euro andranno a finire nel risparmio, fortemente eroso da questi mesi di alta inflazione. Il desiderio di impiegare parte o tutta la quattordicesima per incrementare le proprie riserve è indicato solo dal 21% degli intervistati, mentre il 12% indica anche fini di investimento, cui saranno riservati oltre 870 milioni di euro.

Dopo una primavera ‘fredda’ un’accelerazione per i consumi

“L’effetto quattordicesima potrebbe dare un’accelerazione importante dopo una primavera ‘fredda’ per i consumi, a causa della corsa dei prezzi e dell’aumento del peso delle spese obbligate sui budget familiari – commenta Confesercenti -. Si conferma dunque la necessità di salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani: noi proponiamo di agire attraverso la leva fiscale, detassando gli aumenti retributivi previsti dai rinnovi dei contratti nazionali. Ci sono milioni di lavoratori in Italia che attendono il rinnovo del contratto, e un intervento di questo tipo velocizzerebbe la contrattazione e sbloccherebbe risorse per le famiglie. Secondo le nostre stime, porterebbe per il solo 2023 a una spesa per consumi aggiuntiva di 2,8 miliardi”.

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Il turismo enogastronomico conquista i viaggiatori italiani ed europei 

È quanto emerge dalla sesta edizione del Rapporto Sul Turismo enogastronomico italiano’, curato da Roberta Garibaldi: nel 2023 saranno circa 5,5 milioni gli europei che viaggeranno per “motivi” enogastronomici. Ma continuano a crescere anche gli italiani che scelgono l’enogastronomia come motivo principale di un viaggio, riferisce Adnkronos. Nel 2023 il 58% degli italiani (+37% rispetto al 2016) ha compiuto almeno un viaggio con principale motivazione legata all’enogastronomia. In termini assoluti la stima è a circa 9,6 milioni.

Una vacanza a tema cibo, vino e birra

D’altronde la ricerca di esperienze a tema cibo, vino e birra non è una peculiarità di questi turisti, perché interessa ormai tutti i viaggiatori del Belpaese: 7 su 10 ne hanno svolto almeno cinque nel corso dei viaggi più recenti (+25% sul 2021).
E secondo il Rapporto le prospettive per quest’anno sono positive. Nonostante la crisi, circa 1 turista italiano su 3 dichiara di avere un budget superiore al 2022 da dedicare all’acquisto delle proposte enogastronomiche. Alta è la partecipazione a tutte le tipologie di attività, esperienze culinarie nei ristoranti (94%), visite ai luoghi di produzione (74%), eventi (60%), proposte attive (54%) e itinerari tematici (48%).

Esperienze a 360 gradi, accessibili e facilmente acquistabili

Sono quattro le principali tendenze del turismo enogastronomico evidenziate dal Rapporto. 
La prima è ‘Varietà, esperienze a 360 gradi’. I turisti italiani vogliono scoprire mete nuove (63%) e diversificare l’esperienza, ricercando proposte autentiche e sperimentando attività sempre diverse a contatto con la natura. Cresce poi l’attenzione verso le esperienze in tutti i luoghi di produzione. Non solo cantine, ma anche i caseifici.
La seconda tendenza è ‘Frictionless. Accessibili e facilmente acquistabili’. Così devono essere le esperienze per il turista. Il gap tra interesse ed effettiva fruizione è ancora elevato: il viaggiatore oggi deve essere messo nelle condizioni di poter reperire facilmente le informazioni, scegliere e prenotare le proposte disponibili. Non è quindi un caso che se il 63% degli intervistati dichiara di voler prenotare le visite alle aziende di produzione online, solo il 23% le ha acquistate dal sito e il 20% tramite intermediari online.

Attenzione alla sostenibilità e al benessere

La terza tendenza è ‘Green & social’. Il turista italiano è sempre più attento alla sostenibilità, evita di sprecare cibo al ristorante (65%) e in vacanza ha comportamenti più rispettosi dell’ambiente rispetto a quando è a casa (54%). Mostra, inoltre, un forte desiderio di stare a contatto con la comunità locale e di contribuire al benessere sociale attraverso il suo viaggio. Aumenta poi la destagionalizzazione dell’esperienza, considerata non solo come modalità di risparmio e per vivere i luoghi quando meno affollati, ma anche per assicurare turismo tutto l’anno alle destinazioni scelte.
Quarta tendenza, ‘Longevity’. Il viaggio enogastronomico diventa occasione per dedicarsi al proprio benessere: il 71% degli italiani vorrebbe trovare menu con ricette che fanno bene alla salute. E l’ambito rurale costituisce il luogo ideale dove staccare dalla routine giornaliera e tecnologica (62%), e dalla confusione delle città.

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Gli italiani comprano sui marketplace, ma molte aziende non li usano

Se sono oltre 80 mila le imprese che utilizzano l’e-commerce come canale di vendita, solo il 46,4% è presente sui marketplace. Il 20,5% delle imprese presenti sui marketplace li ha scelti come unico canale di vendita online, mentre il 25,9% preferisce una combinazione di marketplace e sito proprietario. Di fatto, la grande maggioranza dei consumatori online compra sui marketplace, ma meno della metà delle aziende che vende sul web li usa per commercializzare i propri prodotti.
È quanto emerge dalla ricerca realizzata da Yocabè e Confcommercio Roma, in collaborazione con l’istituto di ricerca Format Research, dal titolo Esigenze e politiche delle imprese in termini di servizi e logistica.

Logistica: punto debole per un’impresa su tre

Ed è la logistica a rappresentare il tallone d’Achille dell’e-commerce. In generale, infatti, le difficoltà incontrate dalle imprese nello sviluppo dell’e-commerce sono la gestione della logistica e i costi di spedizione (34,3%), oltre agli investimenti necessari per il marketing (25,4%). Più della metà delle imprese, poi, afferma che le principali barriere alla crescita del loro e-commerce sono la gestione della logistica (52,9%) e l’utilizzo di piattaforme tecnologiche (50,2%). Le imprese che scelgono di gestire in proprio il magazzino, avvalendosi dei corrieri dei fornitori per i trasporti, sono però in netta prevalenza (82,9%), e sono proprio queste a esprimere il maggior grado di soddisfazione.
Al contrario, le imprese che si affidano esclusivamente ai marketplace lamentano soprattutto la gestione dei resi (54,8%).

Amazon è il preferito dal 95% dei consumatori

Il 91% dei consumatori utilizza abitualmente le piattaforme marketplace come canale di acquisto, e solo in misura decisamente minore (40%) il sito di un negozio fisico o di un brand. I fattori di attrazione verso i marketplace per i consumatori sono principalmente l’esattezza dell’indicazione dei tempi di spedizione e la sicurezza di acquistare tramite un brand conosciuto. Ma anche l’economicità o la gratuità delle spese di spedizione e dei resi. Le piattaforme preferite? Su tutte Amazon (95%), poi eBay (41,6%) e Zalando (39,0%).

Costi e tempo di spedizione influenzano gli acquisti

La preferenza dei consumatori si orienta invece sull’e-commerce di un negozio qualora siano presenti aspetti come spedizione e reso gratuiti (65,3 e 60,1%), maggiore semplicità della procedura dei resi e indicazione del giorno di consegna (50,5%). In generale, però, molti consumatori hanno riscontrato problemi durante un acquisto online. Si tratta del 76,3%, una percentuale non trascurabile, che potrebbe rinunciare ad acquistare a causa di fattori legati alla gestione della logistica e del canale di vendita, più che al prodotto in sé. In ogni caso, dalla ricerca emerge che i principali ostacoli all’acquisto sono i costi di spedizione troppo alti (45,9%) e i tempi di spedizione troppo lunghi (31,7%). Sono infatti soprattutto i costi eccessivi che influiscono sugli acquisti successivi dei consumatori sui medesimi siti. 

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Bonus Gas e Luce 2023, ripartono le agevolazioni

Nell’ultimo anno i prezzi di luce e gas hanno subito un aumento notevole. Pertanto, la riconferma del Bonus Gas e Luce da parte dell’esecutivo anche per il 2023 è da individuarsi principalmente nella difficoltà di un numero sempre maggiore di famiglie e imprese di far fronte al pagamento delle bollette di gas e servizi elettrici.
Grazie all’introduzione del Sistema Informatico Integrato e ai Servizi Proattivi dell’Inps, che consente il rilascio automatizzato del Bonus, quest’anno non occorre presentare alcuna richiesta. Infatti, il sistema permette di ricevere in automatico lo sconto in bolletta, se ovviamente si è in possesso dei requisiti. L’unica azione da compiere è quella di procedere alla compilazione del proprio Isee, rivolgendosi a un CAF o utilizzando l’Isee precompilato online.

Destinato a più di 30 milioni di italiani

Secondo le stime, saranno più di 30 milioni gli italiani che usufruiranno del Bonus, un numero sempre più alto negli anni, soprattutto per effetto dell’intervento su uno dei requisiti principali per richiederlo, la soglia Isee. Con la Legge di Bilancio 2023 è stata alzata e fissata a 15mila euro.
Gli altri requisiti consistono all’appartenere a un nucleo familiare con almeno 4 figli a carico e ISEE non superiore a 20mila euro, essere percettori di Reddito di Cittadinanza o Pensione di Cittadinanza, essere intestatari di un contratto di fornitura elettrica o gas naturale o di fornitura condominiale centralizzata, avere patologie gravi e certificate che necessitano di apparecchi elettrici di tipo medico. In questo caso, si tratta del Bonus disagio fisico, riservato alle sole utenze domestiche.

Le misure definite da Arera

Le misure definite da Arera per il Bonus prevedono l’annullamento delle spese generali di sistema per le utenze cosiddette a ‘bassa tensione’, il potenziamento del Bonus per le utenze domestiche in cui vivono persone in condizioni economicamente svantaggiate o in gravi condizioni di salute, la possibilità di pagare le bollette in 10 rate mensili, e la riduzione dell’IVA al 5% sulle bollette del gas per utenze domestiche e non domestiche.
Diversi fattori contribuiscono a variare l’importo del Bonus. Nel caso di Bonus Gas, riguardano la categoria d’uso associata alla fornitura, la zona climatica, il numero di componenti della famiglia. Nel caso di Bonus Luce, invece, rilevante è soprattutto il numero dei componenti del nucleo familiare Isee.

La rateizzazione della bolletta

Una delle agevolazioni riconosciute con il Bonus è la possibilità di rateizzare gli importi fino a 10 rate e senza interessi.
I fornitori di energia hanno dato alcune indicazioni ai venditori, come ad esempio, il divieto di sospendere la fornitura in caso di mancato pagamento senza prima aver sollecitato il pagamento e proposto un ulteriore piano di rateizzazione.
Ulteriori indicazioni, che possono comunque essere facilmente modificabili dal venditore, riguardano il valore delle rate, che non deve essere inferiore a 50 euro, e una prima rata pari al 50% dell’importo complessivo.

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Diete: un mercato da 14 miliardi di euro l’anno

La fine delle festività di Pasqua e il ponte del primo maggio, il rialzo delle temperature e l’avvio della bella stagione spinge ogni anno una fetta consistente di popolazione a modificare le proprie abitudini alimentari. Obiettivo: perdere peso e migliorare il proprio aspetto fisico. Circa 16 milioni di italiani si metteranno quindi a dieta per la fatidica ‘prova costume’ e arrivare pronti al periodo estivo, generando un business da oltre 14 miliardi di euro. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima).
Di fatto, secondo l’Italian Barometer Obesity Report, in Italia le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, e circa 6 milioni, pari al 12% della popolazione, è a tutti gli effetti obeso, con una incidenza maggiore al Sud (14%) rispetto al 10,5% del Nord-Ovest e del Centro.

Farmaci dimagranti: +25% nei primi tre mesi del 2023

In Italia il mercato del cibo dietetico, ossia quei prodotti presentati al pubblico come a basso contenuto calorico, con pochi zuccheri o privi di zuccheri aggiunti, e senza grassi, vale più di 14 miliardi. E sempre secondo Sima, solo per gli integratori alimentari la spesa nel nostro paese ha raggiunto 4 miliardi di euro. Al tempo stesso si impenna la vendita dei farmaci per la perdita del peso, che a livello globale e secondo i numeri ufficiali, registrano un aumento del +25% solo nel primo trimestre del 2023.

No alle diete “fai da te”

“Il 75% di coloro che inizieranno una dieta alimentare ricorrerà tuttavia al ‘fai da te’, reperendo informazioni sul web e modificando le proprie abitudini a tavola senza rivolgersi a un professionista del settore – afferma il presidente Sima, Alessandro Miani -. Un rischio sul fronte della salute, considerato che una dieta sbagliata e sbilanciata può avere sul nostro organismo ripercussioni serie, che vanno dal semplice affaticamento e mal di testa ai disturbi del sonno, crampi o perdita di massa muscolare, fino a poter causare problemi renali, nel caso delle diete iper-proteiche sbilanciate, e malnutrizione”.

Un’alimentazione sbagliata costa circa 13 miliardi di euro l’anno

“E non è certo un caso se, in base ai numeri ufficiali, solo in Europa 950 mila persone perdono ogni anno la vita a causa di diete alimentari sbagliate e malsane – spiega all’Ansa Alessandro Miani -. Occorre inoltre ricordare gli ingenti costi sociali determinati dall’alimentazione sbagliata, che incide fino al 10% sulla spesa sanitaria pubblica, con un impatto sulle casse statali di circa 13 miliardi di euro annui”. 

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L’inflazione non ferma i collezionisti italiani

I collezionisti italiani non sembrano temere l’aumento dei prezzi: il 70% dichiara che nel 2023 spenderà lo stesso budget, o anche di più, per le proprie passioni. Non solo, il 44%, e addirittura il 57% tra i giovani della Gen Z, considera una collezione un buon investimento, comparabile ad altri metodi, come risparmi bancari o investimenti immobiliari. Insomma, se è vero che durante i periodi in cui l’inflazione è più alta i consumatori tendono a ridurre le spese, questo non vale per i collezionisti, che in Italia sono il 74%. Lo conferma la ricerca commissionata da Catawiki a YouGov, dal titolo Il comportamento dei collezionisti in Europa.

Cosa determina il valore di un oggetto

Il 74% dei collezionisti afferma di possedere da una a tre collezioni, il 23% una, il 28% due, il 23% tre, e il 10% ne ha addirittura più di 5. Per gli italiani, il valore di un oggetto è determinato (48%) dal fatto che riflette la loro passione o perché ha un valore emotivo o sentimentale (36%). Se per tutti il driver principale è la passione, diverse sono le motivazioni che spingono le differenti generazioni a iniziarne una. Per Boomer e Gen X è l’influenza della famiglia, per i Millennials la cerchia di amici, mentre per i Gen Z giocano un ruolo importante celebrities/influencer e i social media.

I più collezionati: monete, francobolli, libri, fumetti, giocattoli, modellini

Si collezionano principalmente tre categorie di prodotti, monete e francobolli (22%), libri e fumetti (14%), giocattoli e modellini (10%). Quanto alle differenze generazionali, i Boomer preferiscono collezionare francobolli e orologi, i Millennials fumetti, mentre la Gen Z, più degli altri, predilige memorabilia sportivi e gioielli. Le ultime due generazioni condividono anche la passione per tutti gli oggetti relativi alla categoria ‘Intrattenimento, Carte e Giochi’. E alla domanda ‘Se avessi più soldi, cosa collezioneresti??, gli italiani non hanno dubbi: orologi (14%), gioielli o pietre preziose (11%), diamanti e libri (8%). Tra le categorie che non collezionerebbero mai, oggetti virtuali (24%) e NFT (23%).

Un valore che tende a crescere nel tempo

Ogni collezione ha un valore diverso, ma in linea di massima le collezioni valgono circa 1000 euro. Per il 12%, però, tale valore è stimato tra i 5.000 e i 50.000 euro, e un 2% di collezioni vale oltre 50.000 euro. Ed è un valore che come ogni bene raro e unico tende a crescere nel corso del tempo, riporta Adnkronos. Il 45% ha visto infatti il valore aumentare negli ultimi anni. Di quanto? Tra il 25% e il 50% (34%), tra il 50 e il 100% (18%) e il 9% ha visto la propria collezione acquisire un valore più del doppio di quello iniziale. Le collezioni, infatti, oltre a essere un investimento che talvolta può generare anche buoni guadagni (per il 34% vendere oggetti delle collezioni è fonte di reddito o profitto), rende più o ugualmente dei risparmi bancari (50%), e per il 36% rende addirittura più degli investimenti immobiliari.

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Aumentano gli investimenti per attrarre talenti, ma non per trattenerli

Il Talent Trends Report di Randstad Sourceright ha individuato i 10 trend nella gestione delle risorse umane per il 2023 in 18 Paesi del mondo, tra cui l’Italia. E a quanto emerge le imprese italiane sembrano più attente all’attraction di talenti piuttosto che alle iniziative di retention. In un mondo del lavoro caratterizzato dalla ‘talent scarcity’, quasi tutte le imprese italiane stanno rielaborando i propri piani per le risorse umane. Con alcuni importanti passi avanti nelle strategie di attrazione del personale, ma anche con alcune carenze nella creazione della ‘talent expertise’, e scarsi investimenti in formazione e benessere dei dipendenti.

Solo il 23% delle aziende italiane ha potenziato la talent experience

Le risposte del Talent Trends evidenziano una visione un po’ ambigua da parte degli Hr italiani riguardo ai principali trend del settore. Nel nostro Paese i responsabili delle risorse umane si dichiarano fortemente impegnati in azioni di talent acquisition, con il 94% che manterrà o aumenterà gli investimenti per l’employer branding, e il 73% che ha realizzato strategie del personale basate sul creare valore totale per l’organizzazione piuttosto che sul ridurre i costi. Ma, alla prova dei fatti, solo il 23% delle aziende italiane, percentuale in grave ritardo rispetto al 76% a livello globale, ha potenziato negli ultimi 12 mesi la talent experience sulla base dei fattori che favoriscono l’attrazione, la fidelizzazione, il coinvolgimento e la mobilità professionale.

Aiutare i lavoratori a esprimere il proprio potenziale

Il 75% degli Hr italiani oggi dà maggiore importanza rispetto al passato alle competenze e al coinvolgimento dei dipendenti, ma solamente il 14% sta investendo in piattaforme di formazione per attrarre talenti, molto indietro rispetto al 63% rilevato a livello globale. Per circa un terzo degli Hr italiani (29%, una percentuale in linea con gli altri Paesi, 25%), poi, i licenziamenti hanno avuto un impatto negativo e il 23% offre ai propri dipendenti servizi di outplacement per superare questo problema.

Diversity&Inclusion, benessere e sicurezza e sostenibilità

Per attrarre nuovi talenti e offrire un’esperienza lavorativa significativa, quasi 7 Hr su 10 in Italia considerano determinanti le strategie di Diversity&Inclusion della loro azienda, tuttavia il 39% di loro teme che saranno meno prioritarie nel 2023. Inoltre, finita l’emergenza della pandemia, solo il 27% dei leader Hr spenderà di più in programmi di benessere e sicurezza (contro il 54% mondiale), mostrando un evidente gap rispetto alla media degli altri Paesi. Inoltre, riporta Adnkronos, c’è la diffusa consapevolezza che adottare pratiche etiche e sostenibili consenta di attirare talenti della Generazione Z, ma il 58% dei talent leader teme che la sostenibilità possa avere un impatto negativo sulla redditività, e il 56% che l’azienda possa considerarla meno prioritaria in caso di crisi economica.

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“Il primo bacio non si scorda mai”, ma 1 su 4 sceglierebbe un’altra persona

Si dice che il primo bacio non si scordi mai, e le evidenze emerse dall’indagine di MioDottore, piattaforma del gruppo DocPlanner per la prenotazione online di visite mediche, sembrano confermare. Il 95% degli italiani ricorda infatti il primo bacio, l’iniziale approccio all’altro e all’intimità, che vede protagonisti soprattutto i ragazzi in età preadolescenziale, di 12 e 15 anni (49%), o quelli tra i 15 e i 18 (39%).
Forse proprio perché scambiato in tenera età, il primo bacio riaffiora nella mente degli italiani come ‘impacciato e imbarazzante’ (43%), ma anche ‘dolce e romantico’ (37%), non sempre ‘travolgente’ (14%), e fortunatamente, quasi mai ‘disastroso’ (6%). Ma se fosse possibile tornare indietro nel tempo 1 su 4 bacerebbe qualcun altro/a.

Non (solo) il volto ma la location

Cosa si rievoca più facilmente di quel momento? Non il giorno in cui è avvenuto (3%) né cosa si indossava (3%), bensì la location, un particolare impresso nella memoria di oltre 1 italiano su 2 (58%). Tanto da superare addirittura il ricordo del volto della persona baciata (53%) e delle emozioni connesse a quell’istante (50%). Spesso il primo bacio suggella una relazione più o meno seria, ma gli anni passano e i sentimenti mutano quasi per tutti. Così 7 italiani su 10 (71%) ammettono di aver perso di vista la persona con cui hanno condiviso quel momento. E se fosse possibile tornare indietro, il 26% cambierebbe la persona con cui ha condiviso quel dolce momento.

L’ultimo è meglio del primo?

Alcuni poi avrebbero voluto vivere quell’instante con emozioni diverse da quelle provate (17%) o farlo accadere in un momento (15%) o un luogo (13%) differente. Altri ancora modificherebbero il bacio stesso (19%), che non ricordano come il migliore della loro vita. Infatti, in un’ipotetica classifica dei baci più indimenticabili il primo bacio occupa solo il terzo gradino del podio (18%), preceduto da quelli che i figli donano ai genitori (21%) e dal bacio che gli italiani quotidianamente ricevono dall’attuale partner (31%). Si potrebbe poi pensare che ad avere i ricordi più nitidi del primo bacio siano i giovani, ma non sempre è così.

Baby Boomers contro Millennials 

Sembra infatti che il tempo trascorso dal primo bacio a oggi non incida sulla probabilità di ricordarlo meglio. Anzi, un numero maggiore di Millennials ha dimenticato quel dolce avvenimento rispetto ai Baby Boomers: l’11% degli italiani tra 26-41 anni sostiene di non ricordare nulla del loro primo bacio, contro il 4% degli over58. Inoltre, pare che i Boomers abbiano i ricordi più vividi anche dei piccoli dettagli: non solo il luogo in cui hanno dato il primo bacio o le sensazioni a esso associato, ma perfino l’outfit (7%). Percentuale che scende al 2% nel caso di chi ha tra 26 e 41 anni.

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Second hand: la parola più cercata online è iPhone 

Per il second hand online il 2022 si è tradotto in un consolidamento del mercato dell’usato come luogo a cui guardare per compravendite in grado di far risparmiare e guadagnare attraverso un percorso di acquisto sostenibile. Questo perché il ritorno alla norma-lità postCovid, il caro energia dovuto allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, e la crescita dell’inflazione hanno generato forti preoccupazioni economiche. Subito.it, il sito specializzato in second hand, ha analizzando oltre 3 miliardi di ricerche e 1, 6 miliardi di visite in piattaforma da parte di oltre 13 milioni di utenti unici, raccontando un anno, il 2022, in cui la tecnologia ha assunto un ruolo da protagonista. Tanto che iPhone risulta la parola più cercata.

I brand tech diventano vere e proprie keyword

Device, elettrodomestici, smartphone e wearable costituiscono uno dei ‘noccioli duri’ della second hand in generale. Tra le parole più ricercate in generale sulla piattaforma nel 2022 si trova iPhone, con Samsung che scende di quattro posizioni rispetto al 2021 e Apple, meno ricercata di Samsung, che ne guadagna 11. Sono questi infatti i brand che vengono collegati automaticamente ai più famosi device di loro produzione, tanto da diventare vere e proprie keyword. I due giganti del settore mantengono perciò il loro primato anche per l’usato, dove comunque non mancano ricerche anche per Xiaomi, che però perde 38 posizioni, e Huawei, che ne guadagna 21.

Apple Watch e PlayStation 4 nella Top 20

Analizzando l’intera classifica è possibile trovare anche ricerche relative ai wearable, come gli smartwatch, con parole come Apple Watch, che però rispetto al 2021 perde sette posizioni, e Garmin: prodotti che mettono in luce l’attenzione degli italiani al monitoraggio della propria salute.
Discorso a sé per il gaming, con in testa la PlayStation 4 nella Top 20 delle parole più cercate in assoluto, e PlayStation 5, che esce dalla Top 20, ma  ne guadagna 3 posizioni rispetto al 2021.
Nintendo Switch, insieme a PC gaming, scheda video e monitor, mostrano poi non solo l’interesse per le console, ma la creazione di vere e proprie gaming station grazie alla second hand.

Picco di transazioni prima di Natale

Non solo però giochi digitali: nel 2022 sono stati cercati molto anche flipper e giradischi. E l’usato si regala anche a Natale. Su Subito si sono infatti verificati picchi di utilizzo della piattaforma a novembre e dicembre, tendenze che permettono di attestare il definitivo ‘sdoganamento’ dei pregiudizi relativi alla second hand. In particolare, si è assistito al +23% di transazioni a novembre rispetto a ottobre, e al +62% di transazioni con TuttoSubito, che permette di fare affari a distanza e in sicurezza in tutta Italia, cresciuto del +113% da gennaio a novembre 2022. Rispetto alla settimana precedente, nella settimana tra il 21-27 novembre il valore transato è stato 8 volte superiore alla media settimanale.

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Nuovi modelli di consumo alimentare: come cambia la spesa degli italiani 

Più attenzione al risparmio, alle promozioni e al cibo cucinato a casa. Sono queste alcune tendenze relative ai modelli di consumo alimentari nel 2023, emerse dall’ultima rilevazione del Monitor elaborato dall’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca in Psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica di Cremona. Più in particolare, secondo il Monitor, nel 2023 l’82% degli italiani presterà più attenzione alle promozioni quando farà la spesa, il 14% in più rispetto a gennaio 2022, quando a pensarla così era il 68% dei consumatori. A questo si aggiunge che il 75% dei cittadini dichiara che nei prossimi mesi mangerà più cibi cucinati a casa, e anche in questo caso la tendenza è in crescita, infatti a gennaio 2022 la quota si fermava al 66%. 

Donne e over60 più attenti a sconti e promozioni

Il Monitor rileva inoltre come l’attenzione alle promozioni sia accentuata nelle donne (89% rispetto all’82% della media nazionale) e tra gli over 60 (87%), e meno tra gli uomini e i giovani (78% e 76%). Inoltre, le persone che si dicono attente agli sconti sono concentrate maggiormente al Sud e Isole (87%), mentre questo atteggiamento appare meno presente nel Nord-Est (75%). Allo stesso tempo, le persone che ammettono un umore triste sono un po’ meno propense ad attivarsi alla ricerca di promozioni (78%). Al contrario, si sale al 90% di soggetti attenti agli sconti se si restringe il campo a coloro che mostrano un generale atteggiamento ‘cospirazionista’.

Non si rinuncia alla qualità

Il 37% dei consumatori acquisterà merce di seconda mano, una percentuale significativa e in rialzo di 5 punti da gennaio 2022, e il 36% dichiara che si affiderà più di prima alla Grande distribuzione, quota in crescita del 3%, e fenomeno particolarmente evidente nel Centro Italia (42%). Se dunque la caccia al risparmio nella spesa quotidiana è una tendenza in atto lo studio del Centro di ricerca della Cattolica di Cremona riesce a intercettare anche altre sfaccettature del consumatore, che comunque per il 75% sarà più attento alla qualità quando andrà a fare la spesa (+11% rispetto a gennaio 2022), e nella medesima misura, considererà, tra le priorità di scelta, la provenienza dei prodotti. Insomma, più attenzione al risparmio, ma all’interno di una forchetta valoriale non facilmente valicabile.

La condizione sociodemografica e psicologica incide sulle scelte 

“Oltre ai dati medi nazionali, basati cioè sulla popolazione generale, è interessante approfondire quelli che noi chiamiamo incroci, che servono a vedere come la variabile in gioco cambi in funzione della situazione sociodemografica o della condizione psicologica dei cittadini intervistati”, spiega la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario all’Università Cattolica e direttore dell’EngageMinds HUB. La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di oltre 9000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione, ed è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).

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