Di notte, nei weekend, nei festivi: gli italiani lavorano in orari antisociali

Sono davvero moltissimi gli italiani che lavorano in orari “antisociali”, ovvero in momenti completamente sfalsati rispetto agli orari diffusi fra la maggior parte della popolazione. E’ uno dei dati emerso dall’indagine Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ‘Plus’ (Participation, Labour, Unemployment Survey), che ha coinvolto 45mila persone dai 18 ai 74 anni. Si scopre così che sono oltre 3 milioni i lavoratori che proseguono le loro occupazioni anche durante la notte e nei giorni di festa.

Quasi il 19% degli occupati è attivo anche di notte 

Entrando nel merito della survey, si scopre che il 18,6% dei dipendenti lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), e il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi). Gli uomini lavorano sia di notte che nel fine settimana e nei festivi, mentre le donne lavorano maggiormente il sabato o i festivi. Ma nella ricerca ci sono anche altre sorprese. Ad esempio, il report evidenzia che 1 dipendente su 6 (15,9%) svolge straordinari non retribuiti, un dato che assume proporzioni significative se pensiamo che gli straordinari interessano 6 occupati su 10 (60%), soprattutto uomini (64,7% contro il 54,1% delle donne). E se consideriamo che l’8,1% degli intervistati dichiara di non poter rifiutare di prestare l’extra-lavoro.

Gli uomini hanno più autonomia delle donne

Numeri che nell’insieme rivelano un più generale problema della regolazione dei tempi di vita e di lavoro, confermato anche dalla rigidità sottolineata dal Rapporto ‘Plus’ per quanto riguarda i permessi: il 21,3% degli occupati (circa 4,7 milioni) dichiara di non poter o non voler prendere permessi per motivi personali, il 54,8% può prenderli e il restante 23,9% può modulare l’impegno lavorativo. Gli uomini hanno una maggiore autonomia, mentre per le donne emerge la pressione di un contesto che disincentiva l’uso dei permessi. E sono soprattutto gli autonomi che svolgono la propria attività in condizione di para-subordinazione a dichiarare che nei propri contesti di lavoro o non sono previsti permessi o non è ben visto prenderli.

Un modello organizzativo da superare

“Mentre altrove si discute, e si avviano sperimentazioni, di orario ridotto o settimana corta – dichiara il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – nel nostro Paese restano ancora da superare vecchi modelli di organizzazione del lavoro che incidono pesantemente sui tempi di vita. Il mondo del lavoro è sempre più digitale, veloce, in costante evoluzione, ma per gran parte dei lavoratori “tradizionali” si presentano problemi ancora irrisolti sul piano della distribuzione degli orari di lavoro”.

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Vacanze estive 2023, boom di prenotazioni per le spiagge 

Le vacanze estive sono ancora lontane? Non tanto, almeno stando ai dati delle prenotazioni. Che, dopo il periodo difficile legato alla pandemia, sono tornate a correre. Anche in modalità anticipata, così da non farsi sfuggire location e occasioni migliori. Insomma, il Covid non condiziona più le scelte degli italiani: a dirlo è una rilevazione del tour operator romano AllTours in collaborazione con Making Science.

Meglio in anticipo 

Se all’inizio del 2021 e del 2022 le prenotazioni anticipate erano ancora frenate dall’incertezza, ora le richieste di preventivo registrate da AllTours segnano un +43% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Buono anche il trend delle richieste di preventivo con un +38%, un indicatore significativo se si considera che il tour operator, tra le realtà leader del settore Mare Italia, gestisce in media, per la stagione estiva, quasi 15 mila prenotazioni per 600 strutture ricettive diverse. Nonostante l’inflazione, i clienti del tour operator – per la quasi totalità italiani – non sembrano disposti a fare rinunce in tema di vacanze: assieme alle prenotazioni aumenta anche lo scontrino medio, che segna un +14%. La spesa media di ogni famiglia per le vacanze estive 2023 al momento sfiora infatti i 2 mila euro, quasi 250 in più rispetto alle prenotazioni registrate lo scorso anno. 

Pagamento a rate, l’incentivo a investire di più

La formula del pagamento a rate senza interessi, introdotta nel maggio del 2022 grazie a una partnership con Scalapay e ad oggi scelta già dal 18% dei clienti, incoraggia la propensione a una spesa maggiore. Se il ritorno alle prenotazioni anticipate è generalizzato, la fascia tra i 45 e i 60 anni risulta la più propensa a programmare per tempo le vacanze estive, mentre gli over 60, e in particolare i pensionati, non soggetti a vincoli lavorativi, spesso si dimostrano più attendisti.

Mare e isole al top

Tra le aree geografiche più rappresentate dal campione di strutture di AllTours – Sardegna, Sicilia e Puglia ¬– la meta che registra il trend di crescita più netto è la Sicilia con un +39% di prenotazioni rispetto al 2022, seguita dalla Sardegna (+35%). Le due destinazioni isolane, che nelle stagioni 2020, 2021 e 2022, a causa dell’emergenza Covid, hanno intercettato molti turisti italiani in precedenza orientati verso mete esotiche, sono raggiunte in queste settimane dalle prenotazioni di clienti fidelizzati da anni, di nuovi clienti, ma anche di clienti che hanno scoperto o riscoperto le destinazioni italiane proprio negli anni della pandemia. Buono anche il trend della Puglia con un +24% sul 2022.

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Minacce alle aziende: nel 2023 media blackmail, fake-data-leak e attacchi via cloud

Gli autori di ransomware pubblicano sempre più spesso post dedicati a nuovi episodi di hacking di successo eseguiti ai danni delle aziende. Nel 2022 il numero di media blackmail è infatti cresciuto: se all’inizio del 2021 gli esperti contavano 200-300 post mensili il picco massimo, verificatosi più volte tra la fine del 2021 e la prima metà dell’anno passato, ha superato i 500 post mensili. Ma i cyber criminali sono stati attivi anche alla fine del 2022. A settembre e novembre la Digital Footprint Intelligence di Kaspersky ha rilevato rispettivamente circa 400 e 500 post. E nell’ambito del Security Bulletin gli esperti di Kaspersky Security Services hanno previsto quali saranno le minacce più rilevanti per grandi aziende e PA nel 2023.

I criminali informatici pubblicano post su false fughe di notizie

I criminali informatici prima contattavano direttamente la vittima, ora invece comunicano la violazione direttamente attraverso i loro blog, impostando un conto alla rovescia per la pubblicazione dei dati trapelati senza chiedere privatamente un riscatto. Questo dark trend continuerà ad aumentare nel 2023 perché questa tattica avvantaggia i criminali informatici. I dati, infatti, vengono spesso messi all’asta e l’offerta finale a volte supera il riscatto richiesto. I blog post sull’estorsione attirano poi l’attenzione dei media, e nel 2023 alcuni attori meno noti potrebbero approfittarne, sostenendo di aver presumibilmente violato un’azienda. Ma indipendentemente dal fatto che l’hacking sia realmente avvenuto o meno, una segnalazione di fuga di notizie potrebbe danneggiare l’azienda.

Ancora fughe di dati personali ed e-mail aziendali a rischio

Gli esperti prevedono che la tendenza alla fuga di dati personali continuerà anche nel 2023. Nonostante la fuga di dati personali influisca direttamente sulla privacy delle persone, anche la cybersecurity aziendale è messa a rischio. Spesso infatti i dipendenti utilizzano gli indirizzi e-mail lavorativi anche per registrarsi a siti di terze parti, che possono essere esposti a fughe di dati. Quando le informazioni sensibili come gli indirizzi e-mail diventano pubblicamente accessibili possono suscitare l’interesse dei criminali informatici, e innescare discussioni su potenziali attacchi all’azienda su siti web darknet. Inoltre, i dati possono essere utilizzati per il phishing e il social engineering.

Malware-as-a-service, attacchi attraverso il cloud e dati dark web

Gli esperti prevedono inoltre che gli attacchi ransomware diventeranno sempre più simili tra loro, a causa dell’aumento degli strumenti malware-as-a-service (MaaS). La complessità degli attacchi aumenterà, il che significa che i sistemi automatizzati non saranno sufficienti a garantire una sicurezza completa. Inoltre, la tecnologia cloud diventerà un vettore di attacco popolare, poiché la digitalizzazione porta con sé maggiori rischi per la cybersecurity. E nel 2023 i criminali informatici ricorreranno più spesso ai siti dark web per acquistare l’accesso a organizzazioni precedentemente compromesse.

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Assegno unico: a febbraio 2023 aumenta l’importo

Lo annuncia l’Inps: da febbraio 2023 aumenta l’importo dell’Assegno unico e universale (AUU) per i figli a carico. Dal 1° marzo 2023 coloro che tra gennaio 2022 e febbraio 2023 hanno presentato, o presenteranno, la domanda di Assegno unico beneficeranno dell’erogazione d’ufficio senza dover presentare una nuova domanda. I dati della domanda, infatti, saranno automaticamente prelevati dagli archivi dell’Inps, che procederà a liquidare il beneficio in continuità. Resta obbligatorio il rinnovo dell’Isee per poter usufruire dell’importo completo, e i richiedenti dovranno comunicare eventuali variazioni delle informazioni precedentemente inserite nella domanda trasmessa all’Inps prima del 28 febbraio 2023.

La novità è legata all’età dei figli e all’Isee

Per quanto riguarda la decorrenza della prestazione, per le domande presentate entro il 30 giugno 2023, l’Assegno unico è riconosciuto a decorrere dal mese di marzo del medesimo anno. La novità che riguarda il 2023 per l’assegno unico è l’aumento, in arrivo da febbraio. La novità è legata all’età dei figli e all’Isee. L’Inps è infatti già pronto a riconoscere le maggiorazioni e la rivalutazione dell’Assegno unico universale. E gli aumenti spettanti saranno erogati “a partire dalla mensilità di febbraio 2023, fatto salvo il diritto a eventuali conguagli spettanti a decorrere da gennaio 2023”’, annuncia il direttore generale dell’Istituto, Vincenzo Caridi. 

Aumenti del +50% per i nuclei familiari numerosi

La manovra 2023 apporta significative modifiche agli importi spettanti alle famiglie beneficiarie di assegno unico con figli di età inferiore a un anno e per i nuclei familiari numerosi, con tre o più figli a carico, con la presenza di almeno un figlio in età compresa tra uno e tre anni. In particolare, per il 2023 è previsto l’aumento del 50% della maggiorazione forfettaria per i nuclei con almeno 4 figli, che sale a 150 euro mensili a nucleo. L’aumento del 50% è per i nuclei familiari numerosi, con tre o più figli a carico, limitatamente ai figli di età compresa tra uno e tre anni, per i quali l’importo spettante per ogni figlio aumenta del 50% per livelli di Isee fino a 40.000 euro.

Tra i beneficiari anche i nuclei con figli disabili

L’aumento del 50%, da applicare agli importi spettanti secondo le fasce Isee di riferimento, è riservato anche per i nuclei familiari con figli di età inferiore a 1 anno. La manovra, riferisce Adnkronos,  interviene anche in favore dei nuclei con figli disabili, disponendo la corresponsione a regime degli aumenti riconosciuti nel corso del 2022. Gli importi definitivi saranno comunicati con una successiva circolare dell’Inps, anche per tenere conto della rivalutazione legata all’aumento del costo della vita. Rivalutazione che sarà resa nota con decreto ministeriale entro la metà di gennaio.

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Il risparmio e le scelte finanziarie degli italiani

Oggi in Italia la quota delle famiglie risparmiatrici supera il 53%, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia. Cresce poi la percentuale di reddito risparmiata, che si attesta all’11,5% rispetto al 10,9% del 2021. Tuttavia, solo il 17% degli italiani risparmia avendo in mente uno scopo preciso: il 30% lo fa per ragioni puramente precauzionali. Si tratta di alcune evidenze tratte da L’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani nel 2022, condotta da Doxa per Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. Un’indagine che Doxa conduce dal 1982 per conto del Centro Einaudi per analizzare motivazioni, obiettivi e scelte di un campione rappresentativo di risparmiatori italiani.

La sicurezza è al primo posto tra le caratteristiche desiderate degli investimenti

Secondo l’indagine, la sicurezza si conferma al primo posto tra le caratteristiche desiderate degli investimenti (57%), seguita dalla liquidità. Tra le maggiori preoccupazioni emerge invece la valutazione del rischio delle diverse soluzioni di investimento (53% circa). Persiste poi la tendenza a tenere disponibilità liquide in eccesso per motivi precauzionali. L’improvvisa accelerazione dell’inflazione contribuisce tuttavia a ridurre il grado di soddisfazione associato alla detenzione della liquidità. Cresce inoltre il gradimento per il risparmio gestito: almeno un prodotto è presente nel 21% dei portafogli del campione, sia pure con una marcata differenziazione a livello territoriale.

Si mantengono basse le adesioni alla previdenza integrativa

Si riduce invece la quota investita in obbligazioni (dal 29% al 23% dei portafogli), mentre resta contenuta, sebbene in leggera crescita, la percentuale degli investitori in azioni (4,8%). Da segnalare anche il crescente interesse verso gli investimenti alternativi (39% del campione), in particolare l’oro (24,8%) e i fondi etici-ESG (13% circa, che sale oltre il 22% tra i laureati). Ma gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita in età anziana. Si mantengono basse le adesioni alla previdenza integrativa (17,6% del campione), e ancora più contenuta risulta la diffusione di polizze LTC (14% circa). Appare quindi urgente promuovere una cultura assicurativa che faccia crescere la consapevolezza dei possibili rischi e delle soluzioni che il mercato può offrire.

Digitalizzazione e innovazione saranno gli assi portanti del rilancio

Il focus dell’indagine sugli imprenditori fa emergere diversi segnali positivi. In risposta alla crisi, più del 35,7% ha innovato i propri prodotti, il 39,6% ha accelerato sul fronte della digitalizzazione, il 34,7% ha puntato sulla promozione online e il 23% sulle vendite online. Digitalizzazione e innovazione saranno gli assi portanti del rilancio, insieme alle relazioni di parternariato (33%) e agli investimenti nella formazione (31%). Preoccupa la debolezza dei giovani sul fronte dell’alfabetizzazione finanziaria e assicurativa. Solo il 2,3% infatti si dichiara molto interessato ai temi dell’economia e della finanza. E il tempo medio dedicato all’informazione su questi argomenti è di 17 minuti alla settimana.

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Google Trends 2022: cosa hanno cercato gli italiani?

Le tendenze di ricerca su Google nel 2022 mostrano chiaramente la necessità di capire cosa succede intorno a noi, le motivazioni di un conflitto e delle personalità che lo hanno scatenato. Ma c’è anche l’interesse ricorrente verso momenti di maggiore ironia e leggerezza, cercati nello sport, dal calcio al tennis, e nei suoi protagonisti, e anche nella musica, che combacia con un momento importante per gli italiani come il Festival di Sanremo. Il 2022 volge al termine, e Un Anno di Ricerche su Google mostra la lista delle parole, delle domande e delle curiosità che gli italiani hanno cercato online sul motore di ricerca. Dai Google Trends 2022 emerge anche l’interesse per le personalità che, venendo a mancare, hanno lasciato un segno seppur in forme diverse, da una parte la Regina Elisabetta e dall’altra Piero Angela.

Ucraina, la Regina Elisabetta e le Elezioni 2022

Dalle domande che gli italiani si sono fatti in questo 2022, si nota l’esigenza di trovare spiegazioni a problemi pratici della vita di tutti i giorni, come le diverse agevolazioni dello Stato o la compilazione dell’Assegno Unico, ma anche domande che riportano al dramma della pandemia, legate al tampone o al green pass. I nostri ‘Perché?’ portano con sé però anche l’interesse a rispondere a domande più profonde, come la guerra o l’aumento del costo della benzina. Temi che hanno davvero caratterizzato questi mesi.
Di fatto, le 10 Parole dell’anno più googlate sono state Ucraina, al primo posto, seguita da Regina Elisabetta, Russia Ucraina, Australian Open, Elezioni 2022, Putin, Piero Angela, Drusilla, Italia Macedonia, e Blanco.

Putin, Drusilla e Piero Angela

Quanto ai Personaggi più cercati, al primo posto si posiziona Putin, seguito da Drusilla, Blanco, Sinner, Vlahovic, Djokovic, Berrettini, Dybala, Marco Bellavia, e ultima, Ornella Muti.
E gli Addii? In prima posizione, quello alla Regina Elisabetta, seguita da quello a Piero Angela, e poi a Mino Raiola, David Sassoli, Monica Vitti, Manuel Vallicella, Catherine Spaak, Anne Heche, Olivia Newton John e Ray Liotta.

Perché Draghi si è dimesso e Totti e Ilary si separano?

Quali sono i Perché posti dagli italiani durante il 2022? La prima domanda è perché la Russia vuole invadere l’Ucraina? Seguita da perché Pioli is on fire? E al terzo posto, perché aumenta la benzina?
La classifica continua con perché Draghi si è dimesso, al quinto posto perché il diesel costa più della benzina, e ancora, perché Totti e Ilary si separano, perché mezza dose moderna, Elettra e Ginevra hanno litigato, Lilli Gruber non è a Otto e Mezzo, e in decima posizione, perché Dybala lascia la Juve?

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Milano, Monza Brianza e Lodi: l’imprenditoria si tinge di rosa

Buone notizie per quanto riguarda l’imprenditoria nell’area di Milano, Monza Brianza e Lodi, in particolare quella femminile. Lo afferma la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: il numero delle imprese “rosa” è aumentato del 5% in quattro anni. Si tratta di circa 3mila imprese in più rispetto alla precedente rilevazione.

Sono il 18,3% del totale delle imprese

Sono 71.250 le imprese femminili a Milano Monza Brianza Lodi al terzo trimestre 2022 e rappresentano il 18,3% del totale delle imprese di questi territori. Erano 71.094 un anno fa e 67.852 al terzo trimestre 2018, pre Covid. Oggi sono 3.398 imprese in più del 2018 tra Milano Monza Brianza Lodi, di cui 2.684 in più per Milano. A trainare la crescita nell’ultimo anno sono soprattutto le attività professionali scientifiche e tecniche, del 5,9%, che oggi contano 6.661 imprese nell’area geografica osservata. In particolare sono 56.161 le imprese di Milano e area metropolitana, + 0,2% in un anno e + 5% in quattro anni. Sono 12.288 a Monza e Brianza, +0,4% in un anno e +6,2% in quattro anni. Sono 2.801 a Lodi, stabili in quattro anni. 

I servizi primo settore di attività per le donne

Il primo settore per imprenditoria femminile è quello dei servizi. Questo comparto comprende il 61,7% di tutte le imprese femminili dei tre territori, seguito dal commercio con il 24,3%. Nel complesso, le imprese femminili delle tre aree danno lavoro a 183.464 addetti. Di questi, 146.278 sono concentrati a Milano, 30.280 a Monza Brianza e 6.906 a Lodi. 

Focus sulle donne

Insomma, il focus è sulle donne, tanto che Marzia Maiorano, presidente Comitato Imprenditoria femminile Camera di commercio Milano Monza Brianza Lodi, ha dichiarato: “Puntiamo a un nuovo protagonismo femminile in un mercato globale innovativo e sostenibile. Cerchiamo una maggiore sensibilizzazione grazie al coinvolgimento del mondo imprenditoriale e associativo verso una governance sostenibile”.  
“Occorre puntare alla leadership inclusiva, rispettare le diversità e valorizzare le unicità delle persone, con un impatto positivo anche dal punto di vista economico” ha commentato Chrystelle Simon, DCM Diversity, Equity & Inclusion Leader di Deloitte Central Mediterranean, intervenuta al convegno “L’Italia che vogliamo è più donna” tenutosi a Milano nei giorni scorsi.

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Gli italiani e la TV: un rapporto indissolubile ma in evoluzione

Secondo il Trend Radar di Samsung, realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerche Human Highway, il 64% degli utenti oggi utilizza lo schermo TV come un vero e proprio portale da cui accedere a contenuti on-demand, in streaming e online. Grazie all’alto tasso di innovazione tecnologica ora la TV è considerata come un supporto smart che va oltre la semplice trasmissione di programmi. In un contesto rinnovato da nuove abitudini affermate in seguito alla pandemia, lo schermo della TV riafferma quindi il proprio potenziale, e diventa un hub sempre più dinamico e poliedrico attraverso il quale fruire di molteplici contenuti, e gestire varie attività. Quanto al valore estetico e di design dello schermo, il 61% della Gen Z lo ritiene un fattore importante nella scelta di un televisore.

Per il 77% degli italiani la TV è smart

Lo schermo TV ha diversificato le proprie funzioni, staccandosi dal vecchio immaginario di prodotto votato alla sola visione. La svolta obbligata dall’emergenza sanitaria ha spinto gli italiani a vivere maggiormente gli ambienti domestici, complice anche la più ampia disponibilità di contenuti on-demand e in streaming fruibili dagli Smart TV, ormai la principale TV di casa per il 77% degli italiani. Con la successiva definizione della roadmap governativa indicata in vista dello switch-off, che pone il nuovo orizzonte per l’adozione della nuova TV digitale al 20 dicembre 2022, le TV sono anche al centro di un processo di rinnovamento tecnologico, che ha spinto il 73% degli italiani a dotarsi di un nuovo apparecchio negli ultimi cinque anni.

Collegare allo schermo di casa la console di gioco

Il ruolo dinamico della TV come hub da cui gestire diverse attività si evince anche dalla scelta degli utenti di collegare allo schermo di casa i propri dispositivi di intrattenimento, tra cui le console di gioco (46%), soprattutto per il 63% dei Gen Z e per il 56% dei Millennials. Il gaming si posiziona infatti all’interno dei tre contenuti maggiormente riprodotti degli italiani, preceduto solo dalla riproduzione di video di YouTube (49%) e dall’ascolto di musica in streaming, che accompagna il 38% degli italiani. Una donna su cinque, invece, sceglie di utilizzare la TV per dedicarsi al proprio benessere, avvalendosi dello schermo per seguire lezioni di fitness o di yoga (20%), o come sottofondo (66%).

Un punto cardine dell’ambiente casalingo

Il cambio di paradigma spingerà sempre più utenti a considerare la TV come un punto cardine dell’ambiente casalingo. Al 70% degli intervistati, ad esempio, piacerebbe che aiutasse nel controllo dei consumi elettrici della casa, ricevendo sullo schermo anche consigli su come risparmiare. Ma la TV potrebbe anche diventare un collettore dello status di funzionamento degli altri elettrodomestici o apparecchi connessi (59%). Tra le altre possibilità, anche quella di essere avvisati e ricevere notifiche quando lavatrice o lavastoviglie hanno terminato i rispettivi cicli (54%), o quando nel frigorifero mancano determinati alimenti (51%).

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Software gestionali made in Italy, un business da 20 miliardi 

Poco meno di 20 miliardi euro: a tanto ammonta il fatturato generato nel 2021 dalle software house italiane in ambito gestionale (comparto che conta oltre 133.000 dipendenti impiegati), con una crescita del 16% rispetto all’anno precedente. Complessivamente, le aziende che operano nel nostro Paese nel settore del software e dei servizi a esso correlati hanno generato un fatturato di 51,3 miliardi di euro, in crescita del 14% sul 2020. Le PMI e le grandi imprese rappresentano l’86% del mercato, per un totale di 44,2 miliardi di euro, mentre le microimprese arrivano a 7,1 miliardi. Sono i dati principali emersi dalla ricerca “Il software gestionale in Italia: il percorso di trasformazione di PMI e PA” a cura degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con AssoSoftware.

Quanto sono utilizzati i software gestionali?

La ricerca ha coinvolto un campione esteso di 514 PMI cross-settoriali e 158 comuni, evidenziando un buon livello di diffusione dei software gestionali e, in alcuni campi, un trend di crescita rispetto allo scorso anno. Tra i software considerati nel perimetro d’analisi, la crescita più significativa è stata registrata dai moduli di Gestione documentale e workflow (adottati dal 48% delle PMI, +6 punti percentuali rispetto al 2021), probabilmente promossi dal cambio delle modalità di lavoro occorso a seguito della pandemia. In seconda posizione per crescita ma primo per diffusione, è possibile riscontrare il modulo di Gestione amministrativa e contabile (presente nell’87% delle imprese, +4 p.p.) che resta il più presente nelle imprese: rappresenta spesso il primo passo nell’adozione di soluzioni software e continua a consolidarsi, registrando comunque una crescita significativa anno su anno. Cresce anche la diffusione dei software di Controllo di gestione (58%, +3 p.p. rispetto al 2021), un ambito di pianificazione che sempre più rappresenta un progredire il percorso di digitalizzazione verso un approccio trasversale analitico e automatizzato a supporto delle decisioni.
Crescono, infine, anche il CRM (42%, +2 p.p. rispetto al 2021), che tuttavia risulta ancora essere il modulo meno diffuso, ad evidenziare uno scarso orientamento analitico alla gestione della relazione con il cliente e dei processi di vendita, e i software per la gestione del personale (61%, +1 p.p.). Restano invece stabili i livelli di diffusione dei moduli gestionali legati ai processi core di back end, ovvero la Logistica e magazzino (54%) e l’Approvvigionamento e produzione (50%), in cui gli impatti ricercati nel percorso di digitalizzazione su efficienza ed efficacia incidono direttamente sui risultati d’impresa.

I benefici per le imprese che li usano

Dai dati è evidente che questi software sono ampiamente utilizzati sia dalle imprese private sia dalle Pubblica Amministrazione, anche se con obiettivi diversi. Nella Pubblica Amministrazione, il beneficio maggiormente riscontrato risiede nella trasparenza e nel controllo sui processi dell’ente (rilevante nel 74% dei casi), seguito dalla qualità del patrimonio informativo (72%), dalla capacità di supportare nuove modalità di lavoro come lo smart working (72%) e la maggiore interoperabilità tra applicativi e processi (71%). Grazie alle soluzioni gestionali, è possibile infatti monitorare in modo trasversale i processi, avendo chiare le responsabilità e lo stato di avanzamento, rendendoli più snelli e interconnessi, oltre che gestibili anche al di fuori dalle sedi dell’ente. Per le imprese private, i benefici più rilevanti si spostano verso temi legati alla competitività d’impresa: il primo segnalato è la capacità di prendere decisioni migliori perché più informate (76%), seguito dall’ottenimento di dati sempre aggiornati in tempo reale (74%), con conseguente controllo sulle performance di processo (72%) e capacità di intervento in caso di anomalie e cambiamenti. Inoltre, similmente al mondo pubblico, risulta rilevante anche per le PMI la trasparenza e il controllo sull’andamento dei processi aziendali.

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Software pirata: il 24% delle medie imprese ne valuta l’utilizzo

Secondo Kaspersky Security Network (KSN), in soli otto mesi 9.685 utenti si sono imbattuti in malware e software indesiderati e nascosti dietro le sembianze dei prodotti software più utilizzati dalle Piccole e medie imprese. In generale, 4.525 file malevoli o potenzialmente indesiderati sono stati diffusi tramite software per Pmi distribuiti non ufficialmente, compresi quelli piratati. Utilizzare software pirata può compromettere seriamente la sicurezza informatica aziendale, poiché gli avversari distribuiscono attivamente file dannosi sotto le sembianze dei software più utilizzati. Ma il 24% delle medie aziende, quelle con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 999, è pronto a utilizzare versioni pirata dei software aziendali per ridurre le spese relative all’IT. Al contrario, Kaspersky rivela che tra le piccole imprese (meno di 50 dipendenti) solo l’8% è pronto a fare questo passo. 

Tentare di ridurre i costi può costare caro

Lo studio di Kaspersky ha come obiettivo quello di scoprire quali sono le tattiche di gestione delle criticità che i responsabili aziendali ritengono più efficaci, e come alcune operazioni possano compromettere seriamente la sicurezza informatica di un’azienda.
Soluzioni efficaci come la ricerca di fornitori a basso costo, e l’adozione di alternative gratuite al software usato abitualmente, sono le opzioni più apprezzate dagli intervistati, rispettivamente con il 41% e il 32% delle preferenze. Ma il 15% dei responsabili aziendali intervistati sostituirebbe il proprio software con una versione pirata per ridurre i costi.

Alla ricerca di alternative gratis, anche per la cybersecurity

Per quanto riguarda le tipologie di programmi che gli intervistati ritengono di poter sostituire con copie piratate, la maggior parte ha scelto software di project management, marketing e vendite. E il 41% è perfino d’accordo nell’utilizzare un software di cybersecurity piratato.
“La mancanza di risorse è una situazione comune per le piccole e medie imprese, ma l’uso di un software pirata o violato dovrebbe essere assolutamente evitato se un’azienda si preoccupa della sua sicurezza, della sua reputazione e delle sue entrate”, commenta Cesare D’Angelo, General Manager Italia di Kaspersky.

Gratuito sì, ma meglio se ufficiale 

“Le copie pirata solitamente contengono Trojan e miners, e sono prive delle correzioni o delle patch rilasciate dagli sviluppatori per risolvere le vulnerabilità che potrebbero essere sfruttate dai criminali informatici – aggiunge Cesare D’Angelo -. Le alternative ufficiali gratuite sono opzioni migliori per chi ha bisogno di risparmiare sull’IT”.
È infatti possibile utilizzare soluzioni di sicurezza gratuite. Di solito hanno meno funzioni dei prodotti a pagamento, ma possono comunque essere molto utili. È importante scegliere una soluzione basata sui risultati di test indipendenti e scaricarla direttamente dal sito dello sviluppatore.

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